Le guerre per la lingua by Edoardo Lombardi Vallauri

Le guerre per la lingua by Edoardo Lombardi Vallauri

autore:Edoardo Lombardi Vallauri [Lombardi Vallauri, Edoardo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2024-03-22T12:00:00+00:00


2.4. Combattere il «maschile sovraesteso», o capire il maschile non marcato?

Abbiamo già detto che la produzione e la comprensione di ogni singola frase sono uno sforzo piccolo, ma di frasi ne scambiamo moltissime, per cui se le lingue fossero piú complicate il danno alle nostre esistenze sarebbe notevole. Quindi i parlanti vigilano inconsapevolmente ma indispensabilmente sulla struttura della lingua, per non complicarla oltre il necessario. Ad esempio, non abbiamo un nome per ogni cosa che esiste, ma solo per le categorie generali: la parola manico sta per tutti i manici anche molto diversi fra loro, e la parola rabbia si usa per stati d’animo non tutti identici. Verbi come girare o aggettivi come stretto significano a ogni loro uso delle azioni o delle proprietà diverse. Questa povertà del lessico rispetto alla realtà può causare malintesi, ma le lingue non potrebbero mai avere tante parole quante sono le cose.

Anche la grammatica ha maglie assai piú larghe della realtà. Ad esempio, ogni tempo del verbo (il passato ha girato, oppure il futuro arriverà) si riferisce di volta in volta a eventi collocati in momenti fra loro diversissimi. Non abbiamo una desinenza verbale per ogni momento in cui può avvenire qualcosa, ma solo macrodistinzioni fra passato, presente e futuro. Ugualmente, non tutti i diversi gradi di numerosità delle cose sono riassunti nella distinzione generalissima fra singolare e plurale (strada/strade), perché avere tante forme del nome o dell’aggettivo quanti sono i numeri renderebbe la lingua faticosissima da imparare e da usare. Rispetto alle infinite diverse relazioni fra le cose, i ruoli sintattici (soggetto, oggetto, complemento di compagnia ecc.) sono pochissimi. Ad esempio, in «Piera ha rotto il vetro (con una pietra)», in «la pietra ha rotto il vetro», in «Piera ha visto il camoscio», in «Piera ama Carla» e in «Piera mangia il gelato», ogni volta il modo in cui il soggetto agisce è diverso, e ogni volta è diverso il modo in cui l’oggetto è influenzato; ma la lingua semplifica avendo sempre un «Soggetto» e un «Oggetto», non tante diverse categorie sintattiche quanti sono gli infiniti possibili tipi di azione. La lingua è un sistema generale per parlare, cioè qualcosa di ben diverso da ciascun singolo resoconto, piú o meno dettagliato, di ciascun singolo avvenimento.

Lo stesso procedimento di semplificazione riguarda necessariamente l’espressione del genere degli esseri di cui si parla, attraverso il genere grammaticale. Alcune lingue esprimono la distinzione fra esseri animati e inanimati. Nell’antico indoeuropeo da cui discendono il latino, il greco e le lingue celtiche, germaniche e slave, i nomi di esseri animati avevano desinenze diverse da quelli degli inanimati. In giapponese a seconda che il soggetto sia animato o inanimato il verbo «esserci» è iru o aru. L’italiano non esprime questa differenza né sul nome né sul verbo. Molte lingue distinguono fra maschile e femminile, anche se questa distinzione esiste nella realtà solo fra gli esseri animati (e neanche tutti). Spesso il neutro, dove c’è, è il continuatore dell’inanimato. Ma le lingue dove la forma delle parole non cambia per il genere sono piú numerose di quelle in cui cambia.



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